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Rezension

Athenaeum 109/1 (2021)

Questo libro scaturisce da una rielaborazione della dissertazione presentata dall’Autrice alla Facoltà di Teologia di Göttingen nel 2014. In esso si affronta la questione dell’esito, a livello archeologico e agiografico, di una selezione di santi romani. L’A. pone al centro della sua indagine le forme di percezione e di venerazione dei fedeli per questi santi e come, nel medesimo tempo, la loro interpretazione contribuisse all’elaborazione di leggende e alla trasformazione dello stesso Panorama urbano interessato dalla venerazione di martiri individuali.
Il libro e articolato chiaramente in sei parti principali. Nelle prime due si analizza il discorso dell’agiografia e della topografia in generale e le caratteristiche specifiche della venerazione dei santi nella Tarda Antichità. Esse valgono come una sorta di introduzione al tema principale, affrontato nella sezione «Santi di Roma», che tratta specificamente di Pietro, Paolo, Lorenzo, Agnese e Maria. Altri santi sono poi inclusi nei capitoli su Lorenzo e Agnese, la cui venerazione e correlata a quella dei Primi. Lo sviluppo del culto dei santi a Roma e in realtà documentato anche dalle stesse dediche degli edifici di culto urbani. Già papa Damaso, noto come cultor martyrum, aveva intitolato a Lorenzo la basilica da lui voluta presso il teatro di Pompeo, poi S. Lorenzo in Damaso, ora poco visibile perché inglobata nel Palazzo della Cancelleria nei pressi di Campo dei Fiori. Esso e in qualche misura riconducibile al processo di formazione del potere vescovile nelle sue peculiari interconnessioni con l’ideologia del potere in età tardoantica: cf. E. Manders - D. Slootjes (ed.), Leadership, Ideology and Crowds in the Roman Empire of the Fourth Century AD, Stuttgart 2020. In particolare M. Sàghy (Damasus and the Charioteers, pp. 117-133) utilizza i moderni concetti di crowd-behaviour, con le loro implicazioni di modelli sociali di dinamica di gruppo, e indica come Damaso poté valorizzare la messa in scena di una memoria martiriale collettiva per porsi alla testa di una folla pronta ad abbandonarsi ad atti di violenza, cosi come di pellegrini, per segnalare loro il proprio primato all’interno della comunità civica.
Come attesta il caso di san Lorenzo, il diacono martirizzato nel 258 sotto Valeriano, che, secondo la tradizione, fu sepolto nell’ager Veranus lungo la via Tiburtina, già Costantino, da quel che sappiamo dal Liber Pontificalis, fece condurre una serie di interventi sulla tomba del martire, isolandola dagli altri monumenti funerari e permettendone l’accesso ai fedeli attraverso un percorso continuo con scale d’ingresso e d’uscita. Contemporaneamente fece erigere una grande basilica cimiteriale ai piedi della collina del Verano isolata dal sacrario. Va tenuto conto che la valorizza-zione dei santuari non si otteneva solamente per mezzo della monumentalizzazione dei sepolcri ma richiedeva lavori di sistemazione e allargamento dello spazio confessionale, affinché i fedeli li potessero visitare con maggiore comunità. A questa tipologia di interventi sono riconducibili le prime aule ad corpus (ovvero quelle edificate presso o sopra il sepolcro contenente il corpo di un santo), scarsamente decorate ma occupate intensivamente da sepolture devozionali.
Damaso ebbe un ruolo di primaria importanza in particolare rispetto ai santuari ipogei propiziando la diffusione del fenomeno delle tombe ad sanctos, già manifestatosi in forme discrete sotto Costantino ma esploso proprio tra il tardo IV secolo e la metà di quello successivo. La devozione dei fedeli, inoltre, si manifeste, nella redazione dei graffiti devozionali, anche questa una pratica d’antica ascendenza.
Cambiamenti rilevanti interessarono poi la basilica di S. Pietro, attorno alla quale furono annesse nuove strutture di servizio, culto e rappresentanza (cf. R. McKitterick - J. Osborne - C.M. Richardson - J. Story [ed.], Old Saint Peter’s Rome, Cambridge 2013).
Fu il costante afflusso dei pellegrini a determinare, soprattutto a partire da papa Simmaco (498-514), l’edificazione di annesse strutture d’accoglienza, come xenodochia e hospitalia, ma anche battisteri, oratori, edifici termali, biblioteche, portici e monasteri. Tale fenomeno portò alla formazione di veri e propri nuclei insediativi, determinando la rottura dell’antica distinzione tra luogo dei vivi e luogo dei morti, come puntualmente notava già Girolamo: «la città ha mu-tato sede» (ep. 107.1; per gli sviluppi successivi cf. J. Osborne, Rome in the Eight Century, Cambridge 2020).
Il libro e chiuso da un «Etrag» in cui sono sintetizzate le acquisizioni principali della ricerca condotta. Ne emerge con chiarezza come questo lavoro abbia individuato in modo persuasivo l’interazione delle fonti letterarie e le eredità materiali dei martiri a Roma nel corso dei secoli. I calendari, i martirologi, gli epigrammi di Damaso, gli scritti di Ambrogio, gli inni di Prudenzio, le leggende agiografiche hanno come tema il santo e i suoi miracoli. La loro funzione risulta la rappresentazione particolare di un modello, l’edificazione e l’esortazione della congregazione, la chiamata all’ imitatio Christi.
A conferma dell’interesse che c’è attualmente per i temi trattati nel libro merita segnalare che dal 12 al 14 ottobre del 2020 presso la biblioteca Hertziana di Roma si è svolto un workshop su Imported Relics in Rome from Damms I to Paschal I, a cura di A. Bremenkamp, T. Michalsky, N. Zimmermann.
Arnaldo Marcone

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