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Rezension

Gnomon 2020

»The most curious works to survive from antiquity but also some of the richest and most intellectually exciting« (1): in questi termini McGill definisce i componimenti centonari, »patchwork texts« che, nel loro essere libera e artificiale ricomposizione di versi e emistichi virgiliani, rappresentano un documento prezioso di quella tendenza al virtuosismo stilistico che connota larga parte della poesia latina della tarda antichità. Forma di lusus(2) e al contempo prodotto colto, frutto della solida preparazione scolastica del suo autore, ben lontano dall’essere pura bizzarria poetica o opprobria litterarum,(3) il centone rappresenta il manifesto della poesia allusiva tardoantica, letteratura anti-convenzionale (nella sua forma e risistemazione semantica) che, seppur nell’evidente rottura con i canoni della classicità, si pone in stretta linea di continuità con i modelli del passato letterario, li assimila e rivitalizza, rendendoli testi nuovi, aperti, soggetti a continui processi di rilettura figurativa.(4) Attraverso il sottile eraffinato gioco parodico dell’intertestualità il centonario, fabricator poeta, stimola la memoria letteraria del Jettore, costante-mente esortato a riconoscere – e apprezzare – il meccanismo di appropriazione e riuso del testo-modello.(5)
Nella linea d'indagine teste delineata, la nuova edizione commentata della »Medea« di Osidio Geta a cura di Maria Teresa Galli (= G.) costituisce un significativo contributo alla comprensione dei meccanismi di riformulazione semantica e ricontestualizzazione del materiale virgiliano nel poema centonario.(6) Al centro dell’interesse della G. sta l’abilità del dotto poeta »virgiliano« di osservare il potenziale espressivo e esegetico insito nell’emistichio o persino nella singola iunctura, portando alla luce le diverse sfumature di senso veicolate dal testo-modello. Merito della G. è quello di indagare con acume i diversi livelli del processo compositivo nel laboratorio del centonario, mostrando i fenomeni peculiari di quella che si può correttamente definire la patchwork art. Seguendo una linea metodologica già adottata in altri studi sui centoni,(7) la G. illumina il lettore sulle molteplici astuzie compositive del centonario, non limitandosi all’analisi dei singoli segmenti del modello (la cui riconoscibilità è garantita dal ridotto grado di modificazione cui e sottoposto l’ipotesto) e al loro sfruttamento semantico nel nuovo mélange poetico. Particolare attenzione e prestata alla presenza di parole-chiave e al costante ricorso da parte del centonario a contesti e personaggi guida tratti dal testo virgiliano (secondo il criterio dell’analogia situazionale), la cui ricollocazione produce uno scarto che non esiteremmo a definire »parodico«. Il risultato e un pregevole commento, di natura testuale e letteraria al contempo, che stimola gli studiosi (anche i più ostili verso siffatte forme di intrattenimento letterario) a apprezzare i centoni virgiliani come testi di raffinata fattura, letteratura »altra« che nasce da contesti e situazioni diverse (la fortuna del classico Virgilio nella scuola e la memoria letteraria del poeta) e vive sul meccanismo dell’intertestualità, non ridotto a mero processo allusivo o imitativo bensì elevato a strumento di rilettura semantica, recupero della valenza ideologica e della forza stilistica sottesa ai verba del modello.
Riallacciandosi a una nobile tradizione di studi sulla letteratura centonaria (e sulla tragedia di Osidio nello specifico), ben esemplata nell'edizione della Medea di G. Salanitro (Roma, 1981) e in quella teubneriana, sempre della Medea, a cura di R. Lamacchia (Stuttgart, 1981),(8) la G. presenta un’edizione del testo, filologicamente accurata, è un commento analitico verso per verso del centone di Osidio Geta, la cui identità con lo scrittore africano di inizio III secolo d.C. e confermata sulla base dell’attestazione di Tertulliano (De praescr. haer. 39, 5). L’edizione critica del poema (che occupa le pp. 53−77),(9) seguita da una traduzione italiana (pp. 78−93), è preceduta da una Prefazione (pp. 11−49), in cui la G. riprende in esame questioni relative alla datazione e composizione della tragedia e offre le linee guida per una corretta interpretazione della tecnica del poeta centonario. Al commento (pp. 94−398) seguono poi il resumè in inglese delle singole sezioni del volume (pp. 399−418) e una sequenza di utili Appendici (pp. 419−28),(10) primariamente relative all’inquadramento e illustrazione di aspetti peculiari della lingua del centone. Chiudono il volume la Bibliografia (pp. 429−35) e gli Indici (pp. 436−51).
Per focalizzare l’attenzione su specifici aspetti dell’edizione della G., nucleo centrale della Prefazione e la tecnica centonaria di Osidio (più compiutamente analizzata nel commento ai singoli versi e nel ricco apparato di Appendici), collocata correttamente nel contesto ludico di riappropriazione e violazione semantica del segmento-modello, di cui il poeta centonario mantiene inalterata la forma esteriore, dando vita così a un dialogo virtuale con il lettore, impegnato nel riconoscimento dello scarto intertestuale. Riproponendo la ripartizione dei 461 versi della tragedia in sette scene, intervallati da tre canti corali (vv. 25−51 primo coro; 104−47 secondo coro; 284−313 terzo coro), già adottata da Lamacchia 1981, la G. tratta sinteticamente della natu¬ra dei poemi centonari (pp. 15−22) (11) e dedica poi ampio spazio alle astuzie compositive di Osidio, rivolgendo lo sguardo alla dominante presenza del contesto guida del quarto libro dell'Eneide, la cui protagonista, Didone, diviene personaggio-chiave nella descrizione di Medea nella prima scena della tragedia (vv. 12−21). La »caratterizzazione implicita« del personaggio funziona come schema interpretativo per la G., che opportunamente richiama l’attenzione sul rimodellamento dei protagonisti della tragedia sulle figure virgiliane e osserva la peculiarità del fenomeno della dislocazione semantica, ben esemplificato nella ripartizione della scena del VII libro del’Eneide, in cui Aletto e incitata da Giunone a seminare discordia fra i Troiani e i Latini, fra due diversi segmenti del centone (vv. 60−4 e 345−58; pp. 34−5). L’abilità del centonario si esplica in più campi, dar enjambement compositivo all’uso della vox communis per l’unione degli emistichi alla consapevole creazione di figure di suono e strutture chiastiche: G. guida il lettore attraverso i molteplici e variegati aspetti del virtuosismo stilistico di Osidio (pp. 36−8) e si concentra poi sulla risegmentazione sintattico-grammaticale del modello, fenomeno cruciale alla costruzione della cosiddetta »patchwork art«. Interessante il caso dell’emistichio »quaesitas sanguine dotes«, utilizzato in due versi del centone (vv. 41 e 253) e tratto dal settimo libro dell’Eneide (vv. 423−24), in cui l’eliminazione del verbo reggente abnegat determina una nuova ristrutturazione del passo. A proposito dei versi 39−41 (cf. pp. 134−38), che appaiono nel Salmasiano in una forma grammaticalmente scorretta (manet alta mente repostum | quem forti pectore et armis | quaesitas sanguine dotes), giustamente la G. ritiene inappropriati i vari tentativi di emendamento del testo e ricorre alio strumento del sottinteso (peculiare della tecnica di Osidio), avanzando l’ipotesi dell’ellissi di esse (unitamente alla correzione di quem in tam), che funge da unica reggenza della proposizione infinitiva soggettiva.
Il commento, ricco e ben articolato, come già osservato, strumento indispensabile per la comprensione della tecnica compositiva del centonario. Puntuale e ben curata la spiegazione dei singoli casi di slittamento semantico e sintattico del modello. Ben condotta anche la riflessione sugli aspetti di carattere più specificatamente letterario del centone, in particolare sul rapporto con i modelli, non solo virgiliani, cui il poeta avrebbe fatto ricorso nella ricostruzione del personaggio di Medea.(12) Nell’introduzione al prologo innologico della tragedia (vv. 1−24), la G. riconosce la vicinanza con la preghiera incipitaria della tragedia senecana, osservando tuttavia i connotati originali della figura dell'eroina di Osidio, frutto di una conflazione fra il modello della Didone virgiliana e l’immagine dell'eroina decepta delle Heroides di Ovidio (pp. 94−7): in tal senso, il v. 19 Nusquam tuta fides, | vana spe lusit amantem (composto da Aen. 4,373 e Aen. I, 352) ben esemplifica il tentativo da parte del poeta centonario di assimilare la sua protagonista alle note figure di amanti tradite e abbandonate che affollano l’universo elegiaco ovidiano. Degna di nota anche l'ipotesi formulata dalla G. a proposito dell’attribuzione delle parti corali (pp. 121-26). In assenza di diretti precedenti per im Coro di donne colchiche, G. suppone, sulla base del modello seneca-no di cori distinti (o anche ipotizzando l’esistenza di una fonte perduta), che Osidio abbia articolato la sua narrazione su due cori ben separati, il primo di donne solidali con Medea, il secondo di Argonauti, favorevoli alla posizione di Giasone: la rubrica chorus colcitarum nel codice Salmasiano (prima del v. 25) si spiegherebbe facilmente con un maldestro tentativo del copista di identificare il coro della tragedia, senza tuttavia prendere in debita conside-razione i successivi interventi corali nel testo.(13)
In virtù dell’impostazione eminente-mente critico-testuale del commento, si comprende lo scarso rilievo dato dalla G. alla questione relativa al ruolo del centone nella storia della fortuna del testo virgiliano. Ugualmente G. non sembra dedicare spazio al rapporto della tragedia di Osidio con altri testi di età tardoantica, quali l’epillio Medea di Blossio Emilio Draconzio. Questo non inficia ovviamente il valore dell’operazione filologica della G. che riesce nell’intento di dare nuova linfa a un testo-simbolo della cultura letteraria tardoantica. Il centone di Osidio non e solo testimonianza della straordinaria fortuna di Virgilio come idoneus auctor nella scuola. E’ specchio della ricchezza e versatilità della poesia tarda che sfrutta i dati della memoria letteraria per ricreare le figure del passato mitico e dare vita a composizioni stilisticamente raffinate, che ben si adattano ai gusti nuovi della classe colta. Il commento della G. guida sapientemente il lettore moderno nei meandri dell’arte centonaria.
Giuseppe La Bua

1. Scott McGill, »Virgil Recomposed. The Mythological and Secular Centos in Antiquity«, Oxford 2005,116−17.
2. Per la relazione tra poesia centonaria e letteratura ludica si veda l’epistola prefato-ria in prosa al Cento Nuptialis di Ausonio (Cento, praef. 1−41 Green), prima sistemazione teorica della pratica centonaria nell’antichità, il cui nucleo centrale e facilmente rintracciabile nella definizione del centone come frivolum et nullius pretii opusculum e nella sua tipizzazione come testo creato sulla ricomposizione semantica di diversi elementi strutturali (opusculum de inconexis continuum de diversis unum) e insieme sul mutamento in senso parodico della materia (de seriis ludicrum).
3. E’ il noto giudizio di Shackleton Bailey che non incluse i Centones Vergiliani nella sua edizione dell’Anthologia Latina (Stutt¬gart 1982).
4. Piuttosto ampia la bibliografia moderna sui centoni latini: mi limito in questa sede a citare M. Formisano/C. Sogno, »Petite Poesie Portable. The Latin Cento in its Tate antique context«, in M. Horster/Ch. Reitz (hgg.), »Condensing texts –condensed texts«, Stuttgart 2010, 375−92; M.T. Galli/G. Moretti (a cura di), Sparsa colligere et integrare lacerata. Centoni, pastiches e la tradizione greco-latina del reimpiego testuale, Trento 2014; F. Garambois-Vasquez/D. Vallat (edd.), »Varium et mutabile. Mémoires et métamorphoses du centon dans l’Antiquité, Saint-Étienne, Publications de l’Université de Saint-Étienne, 2017. Per un buon riesame dei principali contributi critici alla poesia centonaria, rimando qui a S. Audano, »Le molte strade del centone virgiliano cristiano. In margine a tre recenti edizioni«, Sileno 38, 2012, 224−55.
5. Sulla tecnica intertestuale e la tensione tra arte allusiva del centone e testo-modello, vd. G. Polara, »I centoni«, in G. Cavallo/A. Giardina/P. Fedeli (a cura di), »Lo Spazio Letterario di Roma Antica 3. La ricezione del testo«, Roma 1990, 245−75. Ancora utile R. Lamacchia, »Dall’arte allusiva al centone«, A & R 3, 1958, 193−216. Sul fenomeno della intertestualità nella letteratura tardoantica rimando a H. Kauf¬mann, Intertextuality in Late Latin Poetry, in J. Elsner and J.H. Lobato (eds.), »The Poetics of Late Latin Literature«, Oxford 2017,149−75.
6. Su contesto e contestualizzazione nei centoni e in particolare sulla strategia di riposizionamento semantico del segmento del modello, vd. ora M. Bažil, »Sensus diversi ut congruant. Semantische Kontextstrategien in den spätantiken Vergilcentonen«, in U. Tischer/A. Forst/U. Gärtner (hgg.), »Text, Context, Kontextualisierung. Moderne Kontextkonzepte und antike Literatur«, Spudasmata 179, Hildesheim 2018, 295−317.
7. Ricordo qui la buona edizione commentata dei centoni virgiliani »minori« Vergiliocentones minores del codice Salmasiano, Introduzione, edizione critica, traduzione e commento a cura di M.T. Galli, Firenze 2014).
8. Un’edizione del testo latino della Me-dea di Geta (esemplato su quello di Lamacchia), seguito da traduzione e parafrasi di alcune scene, e anche in A. Rondholz, »The Versatile Needle. Hosidius Geta’s Cento Medea and Its Tradition«, Trends in Classics Suppl. Vol. 15, Berlin/Boston 2012 (non citata da G.).
9. Per i codici virgiliani la G. si basa sull’edizione di G.B. Conte (Leipzig, 2009).
10. Appendice 1 (riproduzone del con-spectus siglorum delle edizioni di Lamacchia 1981 e Salanitro 1981); Appendice 2 (schedatura dei versi ametrici); Appendice 3 (esempi di versi ametrici; unico caso nel centone Alcesta 145); Appendice 4 (modifiche e varianti di Osidio rispetto a Virgilio); Appendice 5 (elenco dei versi che presentano risegmentazione del testo virgiliano); Appendice 6 (elenco dei traslati semantici); Appendice 7 (lista delle corrispondenze tra il Salmasiano (S) e i Mss. virgiliani); Appendice 8 (uso del sottinteso); Appendice 9 (omissione di parola di centro emistichio); Appendice 10 (versi composti da tre emistichi); Appendice (due versi virgiliani interi consecutivi); Appendice 12 (differenze rispetto al testo virgiliano non »necessarie«); Appendice 13 (omissione di parola incipitaria); Appendice 14 (emistichi composti da una sola parola, in enjambement e non in enjambement).
11. G. enumera i componimenti che vanno sotto il nome di centoni pagani e cristiani, delineando succintamente il contenuto e le caratteristiche compositive di ciascuno. A proposito del centone di Proba, avrebbe meritato menzione la recente edizione di Carlo M. Lucarini (Berlin/Boston 2015).
12. Sul rapporto con Seneca cfr. pp. 43−45.
13. Per il tema delle prove affrontate da Medea per amore di Giasone, motivo prediletto nella dodicesima Heroides ovidiana, cfr. pp. 239−41.

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